Произведение «Interpretatore dei sogni romanzo» (страница 1 из 16)
Тип: Произведение
Раздел: Переводы
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Interpretatore dei sogni romanzo


Interpretatore dei sogni
romanzo 


  
Capitolo 1

  
[quote]In quel periodo non facevo ancora dei sogni... no... probabilmente, li facevo... ma erano sogni diversi, cioè veramente diversi. Erano i tipici incubi infantili e altre sciocchezze, create dal cervello in fase di crescita. In quei primi anni memorizzavo piuttosto la realtà che i sogni.
Tornando alle origini delle cose, alla nascita del proprio ego, quando si inizia di sentirsi un essere umano, le mie memorie per lo più consistono nelle perdite e delusioni. In che modo una persona riesce a formare i suoi ideali essendo ancora in tenerissima età, appena inizia a pronunciare poche sillabe?! Ma un piccolo invece praticamente nasce con le proprie idee sul cosa è il meglio, e poi man mano che vive affronta delusioni e perdite... perdite e delusioni...

     Ciò che prima di tutto mi viene in mente quando torno ai miei ricordi di prima infanzia è la nostra casa in pietra a due piani, veramente grandissima (mi sembrava così all’epoca?). Aveva anche una soffitta con tantissimi annessi che non mi faceva nessun impressione di carattere romantico nonostante tutte le descrizioni letterarie delle soffitte abbandonate.
Mi capitava di salirci per frugarmi nelle cassette piene di polvere e aprire le vecchie scatolette scrostate ma in quei momenti non sentivo altro che noia. Una volta però avevo trovato nel vecchiume un’immagine vecchia, schiacciata e quasi priva dei colori originali. Era un angelo con delle grandissime ali piegate dietro. Guardava dietro alla sua spalla senza nessun espressione del viso. Questa raffigurazione mi ha colpito. Mi sembrava che stesse guardando su di me, solamente me. ..
Questo pezzo di carta me lo portavo sempre dietro, rimettendolo da una tasca all’altra. Alla fine l’immagine si è spezzata completamente ed è sparita nelle pulizie della mia camera.

        Mi viene in mente che nella maggior parte dei casi avevo dei contatti solo con mia madre – una donna alta e magra con il viso dai lineamenti fini che aveva sempre un’espressione dell’attesa che accadesse qualcosa di brutto. Deve succedere qualcosa, qualcosa di bruttissimo, ... da un momento all’altro... Lei lo sa di certo, le persone che non lo vedono non sono altro che ciechi... Le nostre relazioni tipiche stavano nella serie di commenti di questo tipo:

«Mikhail, mettiti una ciabatta… », - perchè sempre nel singolare?
«…Va immediatamente letto…» Detto senza preposizione, perchè le sue proposizioni non prevedevano controproposte.... 
" …Fa’ quello che era previsto per oggi e prima di andare a letto prega alla salute dei tuoi genitori..."
Da chi «previsto per oggi"?.. Sicuramente dalla mamma... Nessun altro poteva “prevedere qualcosa per oggi”. nessuno si interessava PER NIENTE della mia vita: nè i miei due fratelli nè le mie due sorelle che erano tutti quanti più grandi di me.
No, non era proprio così... la più grande delle mie sorelle... ma di quella cosa strana che riguardava mia sorella, parliamo un po’ più tardi...
Il padre lo vedevo raramente, sempre di sfuggita come se fosse una specie di miracolo, non provavo nessun emozione nei suoi confronti... come daltronde anche lui non provava niente per me... Però no, cosa dico... c’erano dei momenti che hanno colpito la mia psiche infantile non nel migliore dei modi...
Per esempio una volta è tornato a casa di notte alta e per non far svegliare mia madre che aveva chiuso la porta d’ingresso con tutte le serrature e catene possibili e immaginabili, è salito su un albero disposto vicino al balcone della mia camera e ha iniziato a bussare nel vetro. Per non farmi spaventare (una persona sconosciuta di notte sta bussando nel vetro della porta) grattava il vetro e miagolava... Mio povero padre ragionava in questa maniera: il bambino sentirà il miagolio del gatto, e si avvicinerà alla porta, scorgerà il proprio padre e proverà una gioia. Penso che possiate immaginare il mio stato d’anima nel vedere una silouette nera nel chiarore della luna che cercava di aprire il mio balcone miagolando?! La storia si ripeteva di tanto in tanto... ed io non riuscivo mai ad abiturmici... Quando io dopo avermi ripreso dallo choc e sentendo le solite bestemmie di una persona umana stavo per aprire la porta del balcone mi dava una manata edificante sulla spalla come se mi volesse dire che dovevo prendere esempio dal padre e mi dava sempre qualche pensierino, una caramellina o una gomma...
Nei giorni normali mio Genitore si alzava di buon ora e cercava di sfuggire agli sguardi di tutti. Adesso i suoi tentativi mi sembrano vani, siccome nessuno degli abitanti della nostra grande e strana casa lo considerava.
Adesso dopo tanti anni la vedo “strana”perchè noi tutti ci trovavamo uniti non per il desiderio di starci insieme, ma solo perchè eravamo costretti di vivere tra queste mura che da tanto non vedevano i lavori e non ci sentivano anche parlare....
Facendo i suoi bisogni mattutini, mio padre trovava il modo per non accendere la luce, preparandosi ad uscire di casa molto in fretta e in pieno silenzio. Lo vedevo camminare quatto quatto nel corridoio, non faceva nessun rumore sul tappetino peloso, strada facendo abbotonava la sua giacca. Chiudeva dietro di se la porta senza far rumore, girava la chiave per una volta e si dimenticava subito e per sempre della vita familiare... fino alla sera tardi...
Lo guardavo scendere dal terrazzino, si appoggiava sul parapetto per non far cigolare i gradini traballanti che già da tanto richiedevano uno strato di vernice senza però nessun successo.
Le finestre della mia camera davano sullo stesso lato della casa e spesso mi svegliavo da uno scricchiolio nel corridoio e dalla tenda semiaperta osservavo mio padre scendere nel mondo pieno dei peccati dal nostro “angolo santo”.
…..In questa maniera comunicavo per lo più con mio padre…

… Dalla mia finestra si poteva ammirare inoltre la parte opposta della strada e spesso ammiravo la gente che si affrettava andando a lavorare. Quasi ogni mattina contemplando questo paesaggio vedevo sempre una piccola monaca affrettarsi per i suoi santi bisogni. Aveva dei piedi lunghissimi nelle ciabatte ridicole con i quali faceva dei piccoli passi, portando un minuscolo corpo vestito di nero. Per tantissimi anni l’ho incontrata per le vie della nostra città e devo ammettere che non si cambiava proprio per niente. Era sempre piccolina, insignificante che si affrettava per i suoi numerosissimi affari, solo il suo visino diventava sempre più secco e abbronzato come se nella sua cella brillasse sempre il sol cocente. Mi ricordava sempre una foglia tardiva dell’albero che stava crescendo sotto la mia finestra. Come se una foglia si fosse staccata da un ramo e girata dal vento di autunno non vuole mai posarsi tranquilla sotto i piedi dei passanti come fanno migliaia di altre foglie. Non vuole mai credere che il suo destino è quello delle sue compagne,nonostante tutti i tentavi di rimanere attaccata all’albero oppure salire insieme col vento sopra la terra implacabile...

   In questo periodo dei miei ricordi contingenti, avevo non più di sei o sette anni ed ero il minore tra i miei due fratelli e le mie due sorelle. Questo periodo, chiamato per sbaglio l’infanzia, si è impresso nella mia mente come un’umiliazione continua da parte di tutti della mia piccola personalità. Sarò stato troppo sensibile?
Il mio fratello medio Afanassy e la minore delle due sorelle Elisabetta avevano la fama di due monelli e birichini. Il loro svago preferito era chidermi – un piccolo bambino piagnucolante – nella mia propria camera. Dalla parte di fuori la porta si ingombrava con qualche cosa pesante e io spesso non riuscivo a liberarmi dalla mia prigione per delle ore. Mi ricordo di essere seduto sul pavimento nudo, spostando apposta uno spesso tappeto di lana, rincalzandomi sotto i piedi intirizziti dal lungo sedermi sulla superficie dura. Piangevo a dirotto come piangono solamente i bambini, senza coprire il viso con le mani e rovesciando la testa all’indietro. Come se mi seguissi da parte con gli occhi di una persona compassionevole e per impietosirla ancora di più mi sobbalzavo un po’ con tutto il corpo, rallentandomi oppure facendo le convulsioni più frequenti, cercando con tutte le mie forze di morire... per dispetto... Ma il mio organismo giovane e forte, vigliacco, non pensava proprio per niente di spirare, anzi, passato un po’ di tempo cominciava a esigere, traditore, o il cibo o da bere o un’altra cosa al contrario... Le lagrime si seccavano vergognosamente presto ed io iniziavo a bussare nella porta.
Se mi liberava mia madre, ero certo di ricevere qualche cazzotto. La mamma copriva la mano con il polsino del suo vestito lungo, tenendolo con le sue dita lughe e secche e picchiava il mio scarso sedere con un ossicino dell’interno del polso. E facendolo annuiva con il capo assolutamente fuori il caso. Se uno non vedeva quello che succedeva di sotto, guardando il suo viso poteva pensare che io le stessi rispondendo con un gran piacere una lezione ben imparata a memoria e lei era molto contenta della mia risposta...
…Solo la mia sorella maggiore di nome Gianna era l’unica che mi consolava sempre in questa casa pazza di cui tutti noi eravamo già stufati. In quel periodo ha appena compiuto sedici anni. Nei momenti del mio dolore si metteva coccoloni di fronte a me, mi rasciugava il viso con il lembo del suo vestito che all’epoca mi sembrava molto di moda e diceva le parole più dolci che potessi mai immaginare: "Non piangere, piccino... ti voglio tanto bene... sei un bravo bambino… (la madre invece diceva spesso stizzita: "...sei cattivo, prima di colazione non ti sei lavato le mani...")
… Hai degli occhietti così intelligenti... diventerai il più intelligente di tutti noi..." In quel momento i suoi bellissimi capelli dorati sparsi per le spalle toccavano il pavimento, i suoi chiari occhi affettuosi brillavano di una tranquilla luce eterna... Era come... UN ANGELO! Io la adoravo...

Due anni dopo il periodo sopradescritto, se mi ricordo bene, Gianna è sparita... E’ andata con un giovane, per me frivolo e antipatico, a trovare i suoi amici in una casa di campagna...
… Non l’ha rivista più nessuno...
Proprio da quel momento si iniziano degli avvenimenti inspiegabili nella mia vita ulteriore… Però è anche possibile che solamento io li vedevo in questa maniera, trattando i momenti dozzinali come quelli abnormi. Chi conosce i limiti della “normalità”?
…Non sono arrivati alla destinazione... è sparito pure il compagno dinoccolato. Non so se i suoi parenti l’hanno cercato o meno. Ero ancora troppo piccolo per capire tutti i dettagli di ciò che stava succedendo. Mi ricordo soltanto che circa un anno dopo la scomparsa di mia sorella, la madre ha finalmente annunciato che Gianna è morta... e bisogna rassegnarsi. Anche se tutti mi sembravano rassegnati già da tempo... tutti, tranne me....
Non la credevo morta, la aspettavo, come aspettano i bambini, nel modo testardo negligendo i fatti.
 La cercavo dappertutto, di giorno, ma chissà perchè soprattutto di notte. Mi spiegavo sul pavimento una vecchia mappa tutta buchi e nella luce del fanalino per l’ennesima volta ricostruivo il percorso che poteva seguire mia sorella in quel viaggio nefasto. E mentre dormivo, sognavo quasi ogni volta la mia adorata Gianna che entrava volando nella mia camera... bella, affascinante con i suoi capelli di seta tutti sciolti... in un vestito di seta bianca che indossava nel momento quando l’ho vista per l’ultima volta prima che lei fosse partita per il suo viaggio infinito...
    
        Una volta svegliatomi di mattina dai miei soliti sogni ho trovato vicino al mio lettino basso tra le mie vecchie pantofole di feltro una penna bianca. Era lunga e liscia con dei peluzzi morbidi.
Sicuramente!! E’ stata LEI... GIANNA!!. E’ lei che ha perso questa bellissima penna argentata!... E’ diventata UN ANGELO... La penna è caduta dalla sua bellissima ala leggera mentre la ragazza celeste volava sopra di me nel cuor della notte!... Lei tutelava il mio sonno... Io sapevo che lei si sarebbe tornata che non mi avrebbe abbandonato... GIANNA….
Così ho deciso dentro di me e credevo nella magia del mio artefatto come nella mia propria vita. A colazione ho annunciato a tutti che cosa avevo ritrovavo e che cosa ne pensavo. Affanassy e Lisa mi prendevano in giro con tutte le loro forze. Hanno definito la PENNA, la PENNA-dell’ANGELO – una penna di gallina,… e la madre dopo aver esaminato il mio adsorato oggetto, ha confermato che era un frammento della coda del nostro gallo Stepan. Gli restava solamente dire che sono le penne della gatta di Lisa di nome Marussia che spesso volava per l’aria grazie all’aiuto di mio fratello Afanassy. ...No! NO...!! E’ quella... La penna dell’ala dell’ ANGELO... di Gianna... ...
Non ne avevo un minimo dubbio. Tenendo il mio tesoro con le due dita per la sua base, correvo per la stanza, cercando di volare per l’aria... Sorvegliavo la mia ritrovata come un occhio della testa…
Più tardi però la penna è sparita in un giorno nero per me.
Ma mentre il mio miracolo era con me, correvo tenendolo in mano per tutta la casa, il che dava fastidio soprattutto al mio fratello maggiore Giaccone. Certamente lo chiamavo Giaccone tra me e me, il suo vero nome era Eugenio ... ma questo al secolo... E un altro ancora – Fiodor.
Giaccone ha fatto una lunga strada per ottenere questo nome: dapprima ha cominciato a seguire fedelmente tutti i riti religiosi, si è battezzato, è diventato novizio e alla fine si è deciso di farsi monaco ed entrare in un monastero. All’epoca non mi intendevo un gran che in coerenza di questi sacramenti, e a me non m’importava più di tanto se mio fratello era già diventato monaco oppure si prepaprava solo di diventarlo.
Ognuno di noi aveva nella casa una popria camera. Anche il fratello maggiore possedeva una piccola cameretta al secondo piano della nostra grande casa famigliare. In questo rifugio sia spirituale che fisico di mio fratello ho visto una cosa che ha lasciato un’impronta su di me, come su una persona in via di sviluppo e di conseguenza sulla mia eventuale vita adulta... Le finestre della camera di Giaccone davano sullo stesso lato di casa che le mie...
Quando il padre Fiodor stava a casa, si chideva nella sua “cella” e pregava e pregava praticamente dalla mattina fino ad alta notte. Anche se si trovava spesso in casa, lo vedevo solo di sfuggita, mentre andava per il corridoio dalla camere nel bagno o viceversa... Nella maggior parte dei casi mangiava a parte e come diceva all’epoca mia madre:
«…mangiava solo il cibo magro - chicchi di grano oppure una specie di polenta...»… oppure rimaneva a digiuno...
Quando passava per il lungo corridoio all’interno della casa che collegava le nostre camere con gli spazi comuni, le falde delle sue vesti nere ondeggiavano da tutte le parti, i capelli non ancora tagliati, sparsi per le spalle, sventolavano come se ci fosse un vento invisibile.
E allora mi sembrava che da un momento all’altro dovesse accadere un miracolo... Lo aspettavo sempre ma allo stesso tempo ne avevo una gran paura. Il padre Fiodor, cioè Giaccone, mi dava sempre delle occhiate lunghe e fredde, se capitavo sulla sua strada... No, non è proprio così – lui non mi guardava... guardava sempre attraverso di me. Nel suo sguardo c’era solo un biasimo ...indifferenza... un’indifferenza assoluta... fredda come un deserto di notte... Come se si stesse guardando nell’Inferno, impersonato nel mio viso...
Avrà combattuto con una laica tentazione di darmi un paio di semplici scapaccioni terra terra... In quei momenti mi sentivo un peccatore senza perdono. I miei corti sette anni diventavano una catena ininterrotta di sette peccati mortali.
Mi sembrava a volte che bastasse guardare con un po’ di attenzione sulla mia ombra, avrei visto di sicuro sulla mia testa un paio di bei piccoli corni.
Una volta mi son messo un po’ di coraggio, e incontrato per l’ennesima volta Giaccone nel nostro lunghissimo corridoio, l’ho chiesto con un fil di voce di pregare per Gianna... Avrà delle difficoltà adesso e aspetta il nostro aiuto... A questo punto il nuovissimo fratello Fiodor ha messo una mano sulla mia testa, con un’altra mano ha sollevato il mio viso per il mento ed ha scosso la sua testa “appesantita dal nimbo” come se mi fossi fatto pipi addosso, anche se mi fosse stato proposto di utilizzare il vasino per tale scopo! Dopo di ciò il servo di Dio si è allontanato lentamente e la sua tonaca sventolava ancora di più al vento sconosciuto e la testa era sollevata più che mai come se avesse paura di perdere il suo pesante “splendore della santità”.
Non sono riuscito a capire allora se avrebbe poi pregato per Gianna o meno... Però ne avevo sempre una speranza, siccome tutte le notti la sua piccola camera era sempre illuminata alla grande.
“...Lui prega per noialtri, peccatori,.."- ripeteva sempre la madre, e nessuno aveva il coraggio di infastidire Giaccone nel suo rifugio, nè di giorno, nè soprattutto di notte.
"Come fa a resistere una notte intera sui ginocchi?” – pensavo io essendo convinto che si potesse pregare solo in questa posizione. Ho cercato di mettermi sulle mie ginocchia appuntitte che erano tutte graffiate e rimanere in questa posizione almeno per alcuni minuti. Le giunture mi hanno quasi subito fatto un grandissimo male e nessun peccato al mondo mi avrebbe fatto continuare questa punizione.
Quindi nostante tutto provavo una vera e sincera ammirazione nei confronti di mio fratello maggiore anche se non riuscissi mai a capire i suoi sguardi in silenzio pieni di rimprovero Avrà compianto tutta l’umanità in mia persona?...
In una delle notti così quando la casa finalmente si è addormentata dopo che il mio fratello medio e mia sorella Elisabetta sono andati ognuno nella propria stanza, soddisfatti di una nuova serie di porcherie personali nei miei confronti – questa volta ognuno degli angeli, dipinti nel mio libro preferito ha ricevuto un paio di corna – in una delle notti così sono rimasto sconfitto dalla mia curiosità.
Ho girato per un po’ nei pressi della camera del mio fratello maggiore, ho provato a guardare nel buco della serratura ma alla fine mi son reso conto che attraverso quella non riuscirò a vedere niente a parte la luce acceccante del lampadario. E allora, mi ricordo mi è venuta in mente un’idea starordinaria e cioè di guardare nella finestra del Monaco per capire come fa questa persona santa a stare sulle ginocchia pregando per i nostri peccati mondani?
La finestra del padre Fiodor si trovava giusto vicino al mio balconcino. Mettendomi in piedi sul parappetto e attaccandomi


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 Автор: Олька Черных
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