Произведение «L’Interprete dei sogni» (страница 1 из 15)
Тип: Произведение
Раздел: По жанрам
Тематика: Роман
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L’Interprete dei sogni

L’Interprete dei sogni
Елена Серебровская-Мильори
Interprete dei sogni romanzo
Capitolo 1


In quel periodo non facevo ancora dei sogni... no... probabilmente, li facevo... ma erano sogni diversi, cioe’ veramente diversi. Erano i tipici incubi infantili e altre sciocchezze, create dal cervello in fase di crescita. In quei primi anni memorizzavo piuttosto la realta’ che i sogni.
Tornando alle origini delle cose, alla nascita del proprio ego, quando si inizia a sentirsi un essere umano, le mie memorie per lo piu’ consistevano nelle perdite e nelle delusioni. In che modo una persona riesce a formare i suoi ideali essendo ancora in tenerissima eta’, appena inizia a pronunciare poche sillabe? Ma un piccolo, invece, praticamente nasce con le proprie idee sul cosa e’ il meglio, e poi man mano che vive affronta delusioni e perdite... perdite e delusioni....
    Cio’ che prima di tutto mi viene in mente quando torno ai miei ricordi di prima infanzia e’ la nostra casa in pietra a due piani, veramente grandissima (mi sembrava cosi’ all’epoca?). Aveva anche una soffitta con tantissimi annessi che non mi faceva nessun impressione di carattere romantico, nonostante tutte le descrizioni letterarie delle soffitte abbandonate.
Mi capitava di salirci per frugare nelle cassette piene di polvere e aprire le vecchie scatolette scrostate. ma in quei momenti non sentivo altro che noia. Una volta, pero’, avevo trovato nel vecchiume un’immagine antica, schiacciata e quasi priva dei colori originali. Era un angelo con delle grandissime ali piegate dietro. Guardava dietro alla sua spalla senza nessun espressione del viso. Questa raffigurazione mi ha colpito. Mi sembrava che stesse guardando su di me, solamente me. ..
Questo pezzo di carta me lo portavo sempre dietro, rimettendolo da una tasca all’altra. Alla fine l’immagine si e’ spezzata completamente ed e’ sparita nelle pulizie della mia camera.

        Mi viene in mente che nella maggior parte dei casi avevo dei contatti solo con mia madre – una donna alta e magra con il viso dai lineamenti fini che aveva sempre un’espressione dell’attesa che accadesse qualcosa di brutto. Deve succedere qualcosa, qualcosa di bruttissimo, ... da un momento all’altro... Lei lo sa di certo, le persone che non lo vedono non sono altro che ciechi... Le nostre relazioni tipiche stavano nella serie di commenti di questo tipo:

«Mikhail, mettiti una ciabatta… », - perche’ sempre al singolare?; «…Va immediatamente letto…» Detto senza preposizione, perche’ le sue proposizioni non prevedevano controproposte.... ; " …Fa’ quello che era previsto per oggi e prima di andare a letto prega per la salute dei tuoi genitori...". Da chi «previsto per oggi"?... Sicuramente dalla mamma... Nessun altro poteva “prevedere qualcosa per oggi”. nessuno si interessava PER NIENTE della mia vita: ne’ i miei due fratelli ne’ le mie due sorelle che erano tutti quanti piu’ grandi di me.
No, non era proprio cosi’... la piu’ grande delle mie sorelle... ma di quella cosa strana che riguardava mia sorella, parliamo un po’ piu’ tardi.... Il padre lo vedevo raramente, sempre di sfuggita, come se fosse una specie di miracolo,.. non provavo nessuna emozione nei suoi confronti... come daltronde anche lui non provava niente per me... Pero’, no, cosa dico... c’erano dei momenti che hanno colpito la mia psiche infantile non nel migliore dei modi...
Per esempio una volta: era tornato a casa di notte alta e per non far svegliare mia madre che aveva chiuso la porta d’ingresso con tutte le serrature e catene possibili e immaginabili, era salito su un albero disposto vicino al balcone della mia camera e aveva iniziato a bussare nel vetro. Per non farmi spaventare (una persona sconosciuta di notte sta bussando nel vetro della porta) grattava il vetro e miagolava... Il mio povero padre che ragionava in questa maniera: il bambino sentira’ il miagolio del gatto e si avvicinera’ alla porta, scorgera’ il proprio padre e provera’ una gioia. Penso che possiate immaginare il mio stato d’animo nel vedere una silouette nera nel chiarore della luna che cercava di aprire il mio balcone miagolando?! La storia si ripeteva di tanto in tanto... ed io non riuscivo mai ad abituarmici... Quando io, dopo essermi ripreso dallo choc e aver sentito le solite bestemmie di una persona umana, stavo per aprire la porta del balcone, lui mi dava una manata edificante sulla spalla come se mi volesse dire che dovevo prendere esempio dal padre e mi dava sempre qualche pensierino, una caramellina o una gomma...
Nei giorni normali il mio Genitore si alzava di buon ora e cercava di sfuggire agli sguardi di tutti. Adesso i suoi tentativi mi sembrano vani, siccome nessuno degli abitanti della nostra grande e strana casa lo considerava.
Adesso dopo tanti anni la vedo “strana”perche’ noi tutti ci trovavamo uniti non per il desiderio di starci insieme, ma solo perche’ eravamo costretti a vivere tra queste mura che da tanto non vedevano i lavori e non ci sentivano anche parlare....
Facendo i suoi bisogni mattutini, mio padre trovava il modo per non accendere la luce, preparandosi ad uscire di casa molto in fretta e in pieno silenzio. Lo vedevo camminare quatto quatto nel corridoio, non faceva nessun rumore sul tappetino peloso, strada facendo abbottonava la sua giacca. Chiudeva dietro di se la porta senza far rumore, girava la chiave per una volta e si dimenticava subito e per sempre della vita familiare... fino alla sera tardi...
Lo guardavo scendere dal terrazzino, si appoggiava sul parapetto per non far cigolare i gradini traballanti che gia’ da tanto richiedevano uno strato di vernice senza pero’ nessun successo. Le finestre della mia camera davano sullo stesso lato della casa e spesso mi svegliavo da uno scricchiolio nel corridoio e dalla tenda semiaperta osservavo mio padre scendere nel mondo pieno di peccati dal nostro “angolo santo”.
…..In questa maniera comunicavo per lo piu’ con mio padre…
Dalla mia finestra si poteva ammirare inoltre la parte opposta della strada e spesso ammiravo la gente che si affrettava andando a lavorare. Quasi ogni mattina contemplando questo paesaggio vedevo sempre una piccola monaca affrettarsi per i suoi santi bisogni. Aveva dei piedi lunghissimi nelle ciabatte ridicole, con i quali faceva dei piccoli passi, portando un minuscolo corpo vestito di nero. Per tantissimi anni l’ho incontrata per le vie della nostra citta’ e devo ammettere che non cambiava proprio per niente. Era sempre piccolina, insignificante e che si affrettava per i suoi numerosissimi affari, solo il suo visino diventava sempre piu’ secco e abbronzato come se nella sua cella brillasse sempre il sol cocente. Mi ricordava sempre una foglia tardiva dell’albero che stava crescendo sotto la mia finestra. Come se una foglia si fosse staccata da un ramo e girata dal vento di autunno non avesse voluto mai posarsi tranquilla sotto i piedi dei passanti, come fanno migliaia di altre foglie. Non vuole mai credere che il suo destino e’ quello delle sue compagne, nonostante tutti i tentavi di rimanere attaccata all’albero oppure salire insieme col vento sulla terra implacabile...

  In questo periodo dei miei ricordi contingenti, avevo non piu’ di sei o sette anni ed ero il minore tra i miei due fratelli e le mie due sorelle. Questo periodo, chiamato per sbaglio l’infanzia, si e’ impresso nella mia mente come un’umiliazione continua da parte di tutti della mia piccola personalita’. Saro’ stato troppo sensibile?
Il mio fratello medio Afanassy e la minore delle due sorelle Elisabetta avevano la fama di due monelli e birichini. Il loro svago preferito era chiudermi – un piccolo bambino piagnucolante – nella mia propria camera. Dalla parte di fuori la porta veniva ingombrata con qualche cosa pesante e io spesso non riuscivo a liberarmi dalla mia prigione per delle ore. Mi ricordo di stare seduto sul pavimento nudo, spostando apposta uno spesso tappeto di lana, rincalzandovi sotto i piedi intirizziti dal lungo sedere sulla superficie dura. Piangevo a dirotto come piangono solamente i bambini, senza coprire il viso con le mani e rovesciando la testa all’indietro. Come se mi seguissi da parte con gli occhi di una persona compassionevole e per impietosirla ancora di piu; mi sobbalzavo un po’ con tutto il corpo, rallentandomi oppure facendo le convulsioni piu’ frequenti, cercando con tutte le mie forze di morire... per dispetto... Ma il mio organismo giovane e forte, vigliacco, non pensava proprio per niente di spirare, anzi, passato un po’ di tempo, cominciava a esigere, traditore, o il cibo o da bere o un’altra cosa al contrario... Le lacrime si seccavano vergognosamente presto ed io iniziavo a bussare alla porta.
Se mi liberava mia madre, ero certo di ricevere qualche cazzotto. La mamma copriva la mano con il polsino del suo vestito lungo, tenendolo con le sue dita lunghe e secche e picchiava il mio scarso sedere con un ossicino dell’interno del polso. E facendolo annuiva con il capo, assolutamente fuori del caso. Se uno non vedeva quello che succedeva di sotto, guardando il suo viso poteva pensare che io le stessi rispondendo con un gran piacere una lezione ben imparata a memoria e che lei era molto contenta della mia risposta...
Solo la mia sorella maggiore di nome Gianna era l’unica che mi consolava sempre in questa casa pazza di cui tutti noi eravamo gia’ stufi. In quel periodo aveva appena compiuto sedici anni. Nei momenti del mio dolore si metteva coccoloni di fronte a me, mi asciugava il viso con il lembo del suo vestito che all’epoca mi sembrava molto di moda e diceva le parole piu’ dolci che potessi mai immaginare: "Non piangere, piccino... ti voglio tanto bene... sei un bravo bambino… (la madre invece diceva spesso stizzita: "...sei cattivo, prima di colazione non ti sei lavato le mani...")
… Hai degli occhietti cosi’ intelligenti... diventerai il piu’ intelligente di tutti noi..." In quel momento i suoi bellissimi capelli dorati sparsi per le spalle toccavano il pavimento, i suoi chiari occhi affettuosi brillavano di una tranquilla luce eterna... Era come... UN ANGELO! Io la adoravo...

Due anni dopo il periodo sopra descritto, se mi ricordo bene, Gianna spari’... Era andata con un giovane, per me frivolo e antipatico, a trovare i suoi amici in una casa di campagna...
… Non l’ha rivista piu’ nessuno...
Proprio da quel momento iniziano degli avvenimenti inspiegabili nella mia vita ulteriore… Pero’ e’ anche possibile che solamente io li vedevo in questa maniera, trattando i momenti dozzinali come quelli abnormi. Chi conosce i limiti della “normalita’”?
Non sono arrivati alla destinazione... E’ sparito pure il compagno dinoccolato. Non so se i suoi parenti l’hanno cercato o meno. Ero ancora troppo piccolo per capire tutti i dettagli di cio’ che stava succedendo. Mi ricordo soltanto che circa un anno dopo la scomparsa di mia sorella, la madre ha finalmente annunciato che Gianna era morta... e bisognava rassegnarsi. Anche se tutti mi sembravano rassegnati gia’ da tempo... tutti, tranne me....
Non la credevo morta, la aspettavo, come aspettano i bambini, nel modo testardo negligendo i fatti.
La cercavo dappertutto, di giorno, ma chissa’ perche’ soprattutto di notte. Mi spiegavo sul pavimento una vecchia mappa tutta buchi e nella luce del fanalino per l’ennesima volta ricostruivo il percorso che poteva aver seguito mia sorella in quel viaggio nefasto. E mentre dormivo, sognavo quasi ogni volta la mia adorata Gianna che entrava volando nella mia camera... bella, affascinante con i suoi capelli di seta tutti sciolti... in un vestito di seta bianca che indossava nel momento in cui l’ho vista per l’ultima volta, prima che lei fosse partita per il suo viaggio infinito...
   
        Una volta, svegliatomi di mattina dai miei soliti sogni, ho trovato vicino al mio lettino basso, tra le mie vecchie pantofole di feltro, una penna bianca. Era lunga e liscia con dei peluzzi morbidi.
Sicuramente!! E’ stata LEI... GIANNA!!. E’ lei che ha perso questa bellissima penna argentata!... E’ diventata UN ANGELO... La penna e’ caduta dalla sua bellissima ala leggera mentre la ragazza celeste volava sopra di me nel cuore della notte!... Lei tutelava il mio sonno... Io sapevo che lei  sarebbe tornata e che non mi avrebbe abbandonato... GIANNA….
Cos; ho deciso dentro di me e credevo nella magia del mio artefatto come nella mia propria vita. A colazione ho annunciato a tutti che cosa avevo ritrovavo e che cosa ne pensavo. Affanassy e Lisa mi prendevano in giro con tutte le loro forze. Hanno definito la PENNA, la PENNA-dell’ANGELO – una penna di gallina,… e la madre, dopo aver esaminato il mio adorato oggetto, ha confermato che era un frammento della coda del nostro gallo Stepan. Gli restava solamente di dire che erano le penne della gatta di Lisa di nome Marussia che spesso volava per l’aria grazie all’aiuto di mio fratello Afanassy. ...No! NO...!! E’ quella... La penna dell’ala dell’ ANGELO... di Gianna... ...Non ne avevo il minimo dubbio. Tenendo il mio tesoro con le due dita per la sua base, correvo per la stanza, cercando di volare per l’aria... Sorvegliavo la mia ritrovata come un occhio della testa….Piu’ tardi, pero’, la penna e’ sparita in un giorno nero per me.
Ma mentre il mio miracolo era con me, correvo tenendolo in mano per tutta la casa, il che dava fastidio soprattutto al mio fratello maggiore Giaccone. Certamente lo chiamavo Giaccone tra me e me, il suo vero nome era Eugenio ... ma questo al secolo... E un altro ancora – Fiodor.
Giaccone ha fatto una lunga strada per ottenere questo nome: dapprima ha cominciato a seguire fedelmente tutti i riti religiosi, si e’ battezzato, e’ diventato novizio e alla fine si e’ deciso a farsi monaco ed entrare in un monastero. All’epoca non mi intendevo un gran che in coerenza di questi sacramenti, e a me non m’importava piu’ di tanto se mio fratello era gia’ diventato monaco oppure si preparava solo a diventarlo.
Ognuno di noi aveva nella casa una propria camera. Anche il fratello maggiore possedeva una piccola cameretta al secondo piano della nostra grande casa famigliare. In questo rifugio sia spirituale che fisico di mio fratello ho visto una cosa che ha lasciato un’impronta su di me, come su una persona in via di sviluppo e di conseguenza sulla mia eventuale vita adulta... Le finestre della camera di Giaccone davano sullo stesso lato di casa che le mie...Quando il padre Fiodor stava a casa, si chiudeva nella sua “cella” e pregava e pregava praticamente dalla mattina fino ad alta notte. Anche se si trovava spesso in casa, lo vedevo solo di sfuggita, mentre andava per il corridoio dalla camera al bagno o viceversa... Nella maggior parte dei casi mangiava a parte e come diceva all’epoca mia madre:
«…mangiava solo il cibo magro - chicchi di grano oppure una specie di polenta...»… oppure rimaneva a digiuno...Quando passava per il lungo corridoio all’interno della casa che collegava le nostre camere con gli spazi comuni, le falde delle sue vesti nere ondeggiavano da tutte le parti, i capelli non ancora tagliati, sparsi per le spalle, sventolavano come se ci fosse un vento invisibile.
E allora mi sembrava che da un momento all’altro dovesse accadere un miracolo... Lo aspettavo sempre, ma allo stesso tempo ne avevo una gran paura. Il padre Fiodor, cioe’ Giaccone, mi dava sempre delle occhiate lunghe e fredde, se capitavo sulla sua strada... No, non e’ proprio cosi’ – lui non mi guardava... guardava sempre attraverso di me. Nel suo sguardo c’era solo un biasimo ...indifferenza... un’indifferenza assoluta... fredda come un deserto di notte... Come se si stesse guardando nell’Inferno, impersonato nel mio viso...Avra’ combattuto con una laica tentazione di darmi un paio di semplici scapaccioni terra terra... In quei momenti mi sentivo un peccatore senza perdono. I miei corti sette anni diventavano una catena ininterrotta di sette peccati mortali.
Mi sembrava a volte che bastasse guardare con un po’ di attenzione alla mia ombra e avrei visto di sicuro sulla mia testa un paio di bei piccoli corni.
Una volta mi son messo un po’ di coraggio, e incontrato per l’ennesima volta Giaccone nel nostro lunghissimo corridoio, gli ho chiesto con un fil di voce di pregare per Gianna... Avra’ delle difficolta’ adesso e aspetta il nostro aiuto... A questo punto il nuovissimo fratello Fiodor ha messo una mano sulla mia testa, con un’altra mano ha sollevato il mio viso per il mento ed ha scosso la sua testa “appesantita dal nimbo”, come se mi fossi fatto pipi addosso, maco se mi fosse stato proposto di utilizzare il vasino per tale scopo! Dopo di cio’ il servo di Dio si e’ allontanato lentamente e la sua tonaca sventolava ancora di piu’ al vento sconosciuto e la testa era sollevata piu’ che mai come se avesse paura di perdere il suo pesante “splendore della santita’”.
Non sono riuscito a capire allora se avrebbe poi pregato per Gianna o meno... Pero’ ne avevo sempre una speranza, siccome tutte le notti la sua piccola camera era sempre illuminata alla grande.
“...Lui prega per noi altri, peccatori,.."- ripeteva sempre la madre, e nessuno aveva il coraggio di infastidire Giaccone nel suo rifugio, ne’ di giorno, ne’ soprattutto di notte.;"Come fa a resistere una notte intera sui ginocchi?” – pensavo io essendo convinto che si potesse pregare solo in questa posizione. Ho cercato di mettermi sulle mie ginocchia appuntite e che erano tutte graffiate e rimanere in questa posizione almeno per alcuni minuti. Le giunture mi hanno quasi subito fatto un grandissimo male e nessun peccato al mondo mi avrebbe fatto continuare questa punizione.
Quindi, nostante tutto, provavo una vera e sincera ammirazione nei confronti di mio fratello maggiore anche se non riuscivo mai a capire i suoi sguardi in silenzio pieni di rimprovero Avra’ compianto tutta l’umanita’ nella mia persona?...
In una delle notti, cosi’, quando la casa finalmente si fu addormentata dopo che il mio fratello medio e mia sorella Elisabetta erano andati ognuno nella propria stanza, soddisfatti di una nuova serie di porcherie personali nei miei confronti – questa volta ognuno degli angeli, dipinti nel mio libro preferito ha ricevuto un paio di corna – in una delle notti cosi’ sono rimasto sconfitto dalla mia curiosita’.
Ho girato per un po’ nei pressi della camera del mio fratello maggiore, ho provato a guardare nel buco della serratura, ma alla fine mi son reso conto che attraverso quella non sarei riuscito a vedere niente, a parte la luce acceccante del lampadario. E allora, mi ricordo mi e’ venuta in mente un’idea straordinaria e cioe’ di guardare nella finestra del Monaco per capire come fa questa persona santa a stare sulle ginocchia, pregando per i nostri peccati mondani?
La finestra del padre Fiodor si trovava giusto vicino al mio balconcino. Mettendomi in piedi sul parappetto e attaccandomi con le mani alla tettoia sopra la sua finestra semirotonda e allungando al massimo sia il collo che il viso, sicuramente si sarebbe potuto vedere qualche cosa… Restando nel mio lettino, fatto con le lenzuola vecchie ma ancora bianche, lottavo sia con quest’ottima idea che col sonno fino alle tre del mattino.
Mi sono memorizzato molto bene questo momento. Un grande orologio in legno a pendolo che dava fastidio a tutti i famigliari e di cui di certo nessuno di noi aveva un gran bisogno proprio in quel momento ha suonato l’ora. Quest’orologio strideva e si lamentava cosi’ che lo si potesse sentire in tutta la casa, cercando di attrarre l’attenzione di qualcuno. Viveva la


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Обсуждение
     15:25 05.10.2022
Mi piace... Ma... scuzi... non lo so))
Книга автора
Зарифмовать до тридцати 
 Автор: Олька Черных
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