Ла Мерика

LA MERICA (dedicato a coloro che sono costretti a emigrare)
Pubblicato da Barabba il Lun, 08/08/2011 - 14:44


Osservò il mare quasi di nascosto, vestita di nero, in quell’eterno lutto che ricorda la vita attraverso la morte. A diciott’anni, con una piccola creatura che il suo ‘Gnazio non fece in tempo a veder nascere, attaccata ad un seno già arido. Partì in cerca di fortuna ‘Gnazio... in America, e promise alla  giovane sposa di tornare con qualche soldo in tasca. Quanto fosse bastato per comprare un fazzoletto di terra con una casetta di vecchie pietre, e tenere viva la speranza in quel paese sconfitto da una miseria che sembra non voglia mai avere fine.
«Dio solo sa quanto è lontana la Merica,» mormorò Maria nel suo dialetto, prima che egli  partisse, di fronte allo sterminato azzurro del mare. E poi pianse, lasciando che le lacrime si confondessero con gli spruzzi d’acqua salata che le frustavano il viso.
«La terra non è come il mare»  precisò un giorno ‘Gnazio, tornando da una lunga giornata  trascorsa a spezzarsi le reni nei campi altrui, a dissodare terra polverosa e dura che comunque non sarebbe mai stato in grado di acquistare. «La terra è ricchezza, Maria. Se la coltivi, se la ami, se la curi, la terra ti ricambierà producendo i suoi frutti».
«Come una persona...» commentò tra sé Maria e quella volta il suo pensiero divenne liquido e si animò di parole. Osservò il suo ‘Gnazio dalla mani forti e ricordò di averlo amato fin da quando era bambina quando, pur di stare con lui, lo seguiva  tra gli scogli alla ricerca di granchi o lo rincorreva tra i vicoli che odoravano di alghe.
«Hai ragione» rispose ‘Gnazio dopo averci riflettuto. Perché ogni parola della sua Maria meritava d’essere  compresa ed egli vi si soffermava con pazienza e  devozione. Perché se era vero che Maria non sapeva leggere né scrivere, ella possedeva l’anima candida dei Serafini e l’intelletto vivace dei bambini.
«Hai ragione... » ripeté, «proprio come li cristiani. La terra è oro se si coltiva, diventa inutile  se nessuno se ne occupa!»
E Maria fu fiera di essere ascoltata dal marito e perfino apprezzata, sebbene spesso non afferrasse le sue ragioni,  sebbene molte volte i pensieri e le preoccupazioni del suo ‘Gnazio le apparissero diversi, distanti dai suoi come lo era la Merica dalla Sicilia.
«Torno presto, non temere», le promise sul marciapiede della stazione, diretto a Genova, dove l’attendeva il piroscafo per cambiar vita. «Tu aspettami e, se ti manco troppo, guarda il mare e pensa a me». Maria abbassò i suoi tristi occhi neri e promise: «io lo guarderò dall’altra parte del mondo e sarà  il mare che ci terrà uniti».
E Maria guardò il mare ogni giorno a cominciare da quello della sua partenza. Perché il suo ‘Gnazio le mancava  ogni giorno e la sua lontananza era simile a una profonda voragine aperta al centro del petto. Trascorse un mese senza sue notizie: due, poi tre e Maria non riuscì a pensare che fosse morto o che si fosse dimenticato di lei, nonostante le zitelle invidiose che incontrava sul sagrato della chiesa madre la consolassero mormorando parole livide che alimentavano le sue angosce e accrescevano le sue paure. E quella voragine nel petto, anziché colmarsi, s’approfondì e s’ingigantì sempre più. Una mattina arrivò una lettera, con degli strani francobolli: belli, lucenti, con una bandiera colorata e allegra tutta stelle e strisce. Era il suo ‘Gnazio che le scriveva da un posto chiamato Bruccolino, proprio come le campagne tra Marfa e Calatafimi. E ‘Gnazio le scriveva tutto il suo amore e la sua nostalgia, passando a descriverle quel posto meraviglioso, dove i palazzi erano di vetro e alti come montagne e li cristiani ce li portavano su con delle macchine velocissime che chiamavano elevators. Le raccontò che nella Merica erano tutti ricchi, che ogni casa aveva il suo bel pavimento di legno e tutte le stanze erano riscaldate con dei bracieri attacati alle pareti che non facevano fumo e, soprattutto, che lì nessuno moriva di fame. “Neanche il più povero dei poveri. Nemmeno il più disgraziato dei figli di nostro Signore,” le scrisse. E poi le diede notizie del figlio della zza Cettina, che migrò da Bruccolino per andare  ancora più lontano: in un posto favoloso chiamato California, e del cugino Mimmo, che si era fatto una moglie mericana, tutta bionda, che quando parlava non si capiva nulla e viveva in una casa di due piani con cinque picciriddi a cui ripeteva in continuazione sciarap, sciarap.
Maria si sentì rinascere quando il signor parroco le lesse la lettera con tremolante pazienza, perché ad ogni uno e due voleva che ripetesse daccapo, per gustare come miele quelle parole scritte sulla carta. E da quel giorno cominciò ad aspettarle quelle buste d’un colore giallo paglierino, come un naufrago che, assetato, attende uno scroscio d’acqua dal cielo. E ogni mattina che il Signore regala a  questa terra  Maria, come fosse una pellegrina diretta in Terra Santa, continuò a spingersi in riva al suo mare. Per poi, con la creaturina stretta al collo, correre a casa del portalettere che  le brontolava seccato: «benedetta ragazza, almeno fammi arrivare all’uffico postale... »
Le lettere cominciarono ad arrivare puntuali come il giorno del Signore, ogni settimana,  e Maria festeggiò il loro arrivo come il Santo Natale o la Pasqua di Resurrezione. Afferrava la busta e l’annusava come un cane da tartufo, credendo di poter sentire gli odori di quel paese lontano e persino quello del suo ‘Gnazio. Toccava la carta, l’accarezzava, la strofinava tra i palmi aperti, morbida come la stoffa dei vestiti dei signori, croccante come il pane di San Giuseppe.  E a ogni lettera ‘Gnazio le raccontava le meraviglie della Merica, di come a Bruccolino vi fossero più paesani che al paese stesso, finché un giorno le scrisse che quasi si era levato dalla testa di ritornare in Sicilia. A quelle parole Maria si sentì confusa, inquieta, anche se  il suo ‘Gnazio le annunciava che  avrebbe inviato  dei biglietti per farla venire nella Merica, lei e la piccola Nunzia che portava il nome gonfio di speranza dell’Annunciazione.
Agitava il suo cuore il primitivo timore di lasciare il paese in cui era nata, l'indicibile distacco dalla terra dei padri, l’unico posto che avesse mai conosciuto e a cui appartenesse, e il pensiero per la vecchia madre, l’unica persona che le era rimasta dopo la morte del padre in un naufragio nella Calibia. Ma il tempo passava e ‘Gnazio non tornò, né mandò i biglietti promessi. Passarono sei mesi, un anno e le solite vecchie zitelle ripresero a dirle che ‘Gnazio si era fatto una moglie mericana, che la stava prendendo in giro. Infine un giorno arrivò una grande scatola: dentro, insieme a tanti vasetti di vetro colmi di marmellata e di conserve dai nomi sconosciuti, v’erano due spessi rettangoli di cartone.
«Maria! Sono i biglietti per la Merica per voi due», strepitò felice il signor parroco, agitando i biglietti con la destra, allargandosi in un sorriso senza denti. «Finalmente lo potrai riabbracciare il tuo ‘Gnazio... Non sei contenta?»
« Sì, sono contenta» rispose Maria, con gli occhi neri appannati di pianto.