Произведение «Interpretatore dei sogni romanzo» (страница 11 из 16)
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Interpretatore dei sogni romanzo

son tesi e gli alberi facevano degli scricchiolii di legno asciutto. Si sentivano i comandi del nostromo, sul ponte si davano da fare i marinai. Afanassy ha sentito,  come qualcuno gli ha messo la mano sulla spalla. 
- Il vento si rafforza. – ha pronunciato una persona invisibile.-  Potrerbbe finire in una tempesta.
- Chi sei?- il cuoco si è voltato ed ha visto davanti a sè uno sconosciuto che aveva addosso un classico vestito scuro.
- Perchè sei in borghese? Sei uno degli ospiti? Non ti ho visto prima sulla nave. 
…..Secondo te sta arrivando la tempesta?  …Non è quello che ci vuole, - ha terminato Afanassy, senza aspettare la risposta alle sue domande, un po’ sconvolto del fatto che l’hanno colto alla sprovvista con i suoi pensieri allarmati. Allo stesso tempo cercava di discernere nel buio che calava il viso della persona a lui avvicinatasi. Era un uomo di statura media, dai capelli biondi e un fine viso pallido, i suoi occhi erano scuri nel buio e non si poteva capire che colore hanno in realtà. 
- Stavi pensando al passato? … Ci vediamo a cena. – Ha gettato lo sconosciuto dopo aver fatto la pausa, come se si stesse scusando per la sua invasione nella vita privata di uno che stava fumando da solo e si è mosso col suo passo leggero senza far rumore nella direzione della plancia senza aspettare la risposta di cui non aveva bisogno.
Afanassy con aria smarrita guardava un biondo snello andare via e capiva di non poter ricordare questa persona. 
- Non ci sarà la tempesta oggi! Oggi festeggiamo il compleanno del nostromo! -  E’ stato un marinaio, magro, da un grosso pomo di Adamo a gridare dietro a una siluetta che andava via.  Probabilmente stava nelle vicinanze ed ha sentito tutto il discorso. 
- Ma chi è quello? – Afanassy si è rivolto ad un giovane marinaio, senza poter staccare gli occhi dalla figura oscura.
- L’ospite del capitano.
- Sta da tanto sulla nave?
- Dalla partenza… L’avrebbe dovuto vederlo nel quadrato,- ha comunicato il magrolino e sul suo viso è apparso un sorriso autocompiaciuto perchè era così ben informato.
- E’ vero, il marinaio sa tutto, perchè si trova sempre al centro degli avvenimenti,- gli ha fatto gioco il cuoco. - …Ma io non l’ho mai visto nel quadrato… Bo’… me ne sarò dimenticato… sì… sì …. sì,… - ad Afanassy sembrava già che in realtà... conosceva già questo viso pallido dai lineamenti fini,- sì, sì, sì … l’ho già visto, l’ho visto da qualche parte… esatto…
«Oggi è una giornata assolutamente strana,- ha pensato dentro di sè,-  ho un’impressione, che qualcuno mi sta studiando.…  Come se stessi sempre sotto uno sguardo fisso di qualcuno.… Mi sembra di averlo già sentito prima. … Sentivo un’ansia dentro di me, una specie di tensione…»
Probabilmente, riflettendo ha pronunciato qualcosa ad alta voce, perchè un marinaio magro l’ha fissato con una certa paura.
“… nei minuti così mi sembrava nel modo fisso che qualche occhio curioso mi stava osservando… Ma questa depressione la avevo più che altro in primavera, quando è particolarmente difficile fare a meno delle donne…” Ma perchè, non riusciva mai a capirlo, a volte l’anima si agita da sola, anche se sembra che tutto vada bene… C’è il lavoro, c’è il tetto sopra la testa, c’è anche una donna amata, per lo più l’unica sulla nave che nonostante tutto appartiene proprio a te.
Lei, la sua donna, non doveva stare qui, ma prima è successa questa storia seccante. 
Il medico della nave era un tedesco di origine. Alto, snello, bello, una persona ideale da tutti i punti di vista, era un rimprovero personalizzato per tutti i peccatori che lo circondavano. Durante un lungo passaggio invernale si è ammalato lui stesso.  Prima, tranquillo e paziente, guariva tutti quanti sul veliero, l’avrà avuto anche successo perchè mai è morto qualcuno dell’equipaggio per la sua noncuranza.   Era difficile capire se la gente resisstente e navigata guariva da solo, oppure erano i suoi impacchi che l’aiutavano. Però una voltra acchiappato un semplice mal di gola,  non riusciva mai a guarirsi.
Sempre avvolto in una sciarpa, con la voce rauca e una terribil tosse, ovunque apparisse, il povero medico faceva venire le canzonature da tutto il mondo e le osservazioni beffarde del tipo:     
  “… Un tedesco non può stare in Russia così a lungo, è ora di capitolare…” oppure “…Dottore, deve provare ciò che mi aveva prescritto poco fa. Non abbia paura, la cosa più importante è berci sopra una buona porzione di vodka, in questo caso le medicine non le faranno niente male… Guardi, son sempre vivo…”. E sempre si sentiva il solito ah- ah-ah...
Così il povero esculapio, dopo aver sofferto per un mese intero, alla fine, è stato lasciato in qualche porto, e sulla nave con la massima urgenza è apparsa una signorina. I marinai si inventavano le malattie e andavano da lei tutti i giorni senza smettere, era sfinita dal lavoro,  ascoltando per delle ore le lore sciocchezze a volte prive di fantasia. E così tutti i giorni, finchè il nostromo ha annunciato, che prima lui avrebbe visitato ogni malato e a chi serve avrebbe messo un clistere, e solo dopo, i gravemente malati   avrebbero potuto essere visitati dalla povera dottoressa…   Forse la giovane dottoressa si è messa con il cuoco, perchè lui non è mai andato a farsi visitare?…
Afanassy si è ricordato delle loro relazioni e si è sentito meglio.  Questo signore, un “ospite” sconosciuto, ha occupato tutti i suoi pensieri.  “E allora? Che c’entro io?”- pensava Afanassy  con irritazione. “Ma dove l’avrò visto? In quella piccola cittadina, dove abbiamo fatto la sosta per più di un mese?” …
Questa volta la nave ha richiesto una lunga riparazione, e l’equipaggio per una schiera infinita dei giorni si occupava di quello che poteva. Probabilmente laggiù quando è sceso in città, ha incontrato questo signore che ormai aveva occupato tutti i suoi pensieri. …
 Quella cittadina, una piccola cittadina sporca, di quelle che si trovano in abbondanza nei paesi orientali, gli ha fatto una sorpresa incomprensibile, un avvenimento, di cui Afanassy cercava ormai di dimenticarsene a tutti i costi.… Però giusto oggi la memoria non gli obbediva…
…Preso contemporaneamente dalla curiosità e dalla uggia, al secondo giorno della sosta è sceso alla riva per “prendere una boccata d’aria”. Dopo aver sentito le istruzioni del nostromo che non si poteva allontanarsi troppo dal lungomare come non si poteva anche tornare col minimo ritardo, ha sogghignato dentro di sè, si è scambiato un’occhiata maliziosa con il meccanico che gli stava vicino ed è partito a far passare la malinconia.
Siccome all’equipaggio era strettamente proibito a mangiare o bere qualcosa nelle bettole del porto, la maggior parte delle persone si è indirizzata direttamente lì… 
Dopo aver assaggiato il pollo al limone, fatto abbastanza bene da un padrone dagli occhi a mandorla e la pelle scura della taverna, puntata ai turisti, Afanassy ha deciso di fare un giretto per le viuzze strette nella zona della piazza principale del porto. Tutte quante erano tortuose, ombrose e fresche, simili l’una all’altra con la propria sobrietà ed antichità. Era evidentente, che nessuno le ha mai aggiustate, verniciate, o rinnovate, ma anche col passar dei secoli, non ne avevano un gran bisogno. Le finestre della case in terracotta erano chiuse con le imposte di legno. Alcune invece erano spalancate, e allora sullo sfondo delle pareti imbiancate si vedevano le teste coperte delle donne o degli uomini. Sembrava che gli abitanti curiosi per delle ore guardavano sulla strada sotto le loro finestre. Dopo aver visto un passante sconosciuto dalla pelle bianca, le donne sparivano dentro le abitazioni, gli uomini ed i bambini invece agitavano amichevolmente le mani, a volte gridavano qualcosa, mischiando le parole inglesi con quelle arabe. Afanassy passava di fronte alle botteghe variopinte, nelle quali si vendeva un sacco di roba inutile, dalle quali saltavano fuori gli imbonitori, che portavano addosso dei bianchi e sporchi vestiti tipo dalmata. Giravano sotto il naso del passante gli stracci multicolori o le statuette degli idoli locali. A volte al passante “bianco” sembrava anche di avere un serio bisogno di qualche piccolo rappresentante panciuto del pantheon locale, visto che glielo imponevano con tanta arte e maestria. Su una delle viuzze, ha osato di entrare in una taverna simile alle altre dove ai tavolini intrecciati, abbastanza decenti stavano degli aborigeni melancolici che fumavano i loro narghilè. Per l’aria stava un odore aromatico di un miscuglio dei tabacchi alla frutta e degli oli aromatici. Dappertutto ronzavano le mosche, stavano da tutte le parti, per terra e sui tavoli, sulle pareti ricoperte con dei tappeti di colori vivi… stavano dappertutto, ma non davano noia a nessuno dei presenti. Da dentro del locale è apparso un uomo anziano vestito di nero e si è avvicinato al nuovo arrivato. Con troppa disinvoltura ha passato con la mano il viso del nuovo cliente, lasciandogli sulla guancia una traccia vischiosa e resinosa dall’odore di olio di cannella.  Afanassy si è seduto su una sedia copeta di un cuscino morbido variopinto, e subito ha sentito nelle mani il bocchino di narghilè. Poi si ricordava a fatica quello che gli è successo dopo…
Su di lui sono scese le immagini sconosciute e moleste, si intrecciavano fra di loro, diventando o torbide, o trasparenti.  Nessuno gli prestava una minima attenzione, e un “bianco” invece, o vedeva delle siluette ballare intorno a sè, o precipitava oltre alla coscienza. Lentamente ma senza nessuna difficoltà cominciava a percepire l’esistente indipendenza dalla realtà, la percezione di un altro mondo, dei sentimenti, dei sentimenti che stavano ad altro polo della percezione…
   Si sentiva volare, si sentiva muoversi libero in uno spazio morbido ed illimitato! Intorno a lui stavano gli esseri sconosciuti  con bei visi chiari. Lo sorregevano per le mani, si lanciavano a turno in altezza spaventosa, per poi calare nello spazio vischioso, come dentro le nuvole… Afanassy sentiva anche le loro voci, ma non riusciava a capire le parole.…. D’altronde non lo voleva neanche…  
…Tutto lui, fino all’ultima cellula della pelle, si manifestava come felicità, una felicità piana ma esaltata, che non aveva mai conosciuto prima sulla terra…
 Vedeva chiaro – prima o poi ogni persona si scontra con la comprensione di questa oscurità, ma ognuno a suo tempo e facendo la propria strada... 
Nonostante un profondo distacco dalla realtà, la persona immersa dentro,  cercava di capire comunque, che cosa gli stesse succedendo? Sarà stata una droga? Sicuramente no … Conosceva bene lo sballo pur non essendo un tossicodipendente.…  Tutti i psicofarmaci a lui noti non potevano creare un quadro talmente complessivo di una realtà diversa….  Tutto quello che sentiva in questi minuti, era direttamente collegato proprio con lui, con la sua parte ETERNA … Con la sua natura….    Con le cose con le quali vivrà per sempre…

ETERNITA’, questa era la cosa che si è schiusa allo straniero venuto qui a caso,

ETERNITA’…  E questi visi belli e pallidi, che gli stavano intorno, si sono comparsi al “volante” come un dato di fatto.… Come il presente.
I maestri olandesi dei tempi antichi dipingevano dei visi così sulle loro tele, che raffiguravano i temi eterni del mondo angelico… Questi visi apparivano come macchie chiare agli angoli delle composizioni, fatte ad olio,  scure dalla lacca antica e coperte delle crepe.… Afanassy si ricordava bene delle sue impressioni infantili dei musei polverosi quando lo guardavano con la massima indifferenza  dei bei esseri alati, le ninfe mezzo nude, che giocavano tra i vecchi alberi secolari, cascate e bellissimi oliveti.  Ma solo in questo momento nella sua mente si sono apparse queste associazioni…
Capiva perfettamente che a differenza di uno sballo normale della droga, non avrebbe mai dimenticato queste sensazioni…  Stranamente non sentiva nessun stupore. E’ venuto un po’ dopo, quando il “viaggiatore” si è trovato in un luogo sconosciuto su un cumulo delle pietre. Non vedeva intorno niente a lui noto, solo l’aria calda e soffocante, l’odore aromatico del sandalo e dei fellah sporchi e mezzo nudi….  Alcuni bambini scalzi si sono ammucchiati vicino al viandante dalla pelle bianca che stava disteso ai loro piedi. Lo addittavano e parlavano di qualcosa. Non si ricordava quanto tempo è passato dal momento quando era sceso a terra, però capiva perfettamente che doveva affrettarsi.… Ma per andare dove?! Perchè affrettarsi?! Dove doveva andare?! Tutto intorno a lui era sconosciuto, c’erano delle casette bianche in argilla non finite, le botteghe assolutamente uguali, con dei venditori annoiati dalla pelle scura che avevano un’aria di chissa quale importanza….  Lo smarrito non conosceva neanche il linguaggio locale. Il sole però splendeva ancora, anche se fosse già sceso troppo basso  all’orizzonte collinoso. Quindi è rimasto fuori di sè non per tantissimo tempo, siccome da queste parti il buio arriva molto presto, non lasciando al crepuscolo nemmeno un’ora.

Afanassy è riuscito a giungere alla nave “nativa”, quando faceva già buio pesto. Era evidente, che lo stavano cercando…. Non ha fatto sapere a nessuno il vero motivo del suo ritardo, a dire la verità, lo interessavano ben poco le grida ed i possibili castighi.… Quell’altra sensazione nuova e sconosciuta… la cognizione di un altro mondo, avvincente e inevitabilmente molto più grande del mondo conosciuto ed abituale…. 
   Gli era uguale, è riuscito a toccare quello, quel mondo eterno, spaventoso  e attraente allo stesso tempo.   Gli era proprio uguale, ma una volta sentita questa realtà vacillante, sapeva con certezza, che vede adesso la realtà da un altro punto di vista.  Non voleva, che questo suo stato gli passasse, si dimenticasse, volasse via, come la nebbia narcotica dell’ hascisc… “Voglio che rimanga, - rifletteva a questo punto uno una volta conosciuto il sacramento,- non voglio perdere la sensazione del passaggio all’eternità…” Non ha neanche controllato quel giorno memorabile, se non gli fosse sparito qualcosa dalle tasche.… Sicuramente è sparito qualcosa.…  Anche se Afanassy non portava mai dietro niente di considerevole, ma in ogni caso questo fatto non lo disturbava proprio per niente.
  Però adesso Afanassy non voleva ricordare niente….  Non sentiva più neanche l’entusiasmo di prima….    La sensazione dell’eternità dentro se stesso adesso lo irritava e lo spaventava….  Il suo stato d’animo attuale spiegava sempre con quel avvenimento, quando ha permesso al furbacchione sporco di sbronzarlo di nebbia narcotica. Quando lui essendo in fin dei conti un “bianco” si è permesso di lasciarsi come un imbecille nelle mani di un “fellah ignorante...”. Si è sentito mancare pensando a quell’incidente o magari... si aumentava lo sballottamento? Il cuoco della nave è tornato in sè da un urto forte ed ha sentito l’acqua salata sul viso e sulle mani. Ad improvviso ha sentito con una specie di meraviglia, che anche tutti i suoi vestiti erano già inzuppati dagli spruzzi che stavano per aria, e che i marinai scavallavano per il ponte, affrettati dalle grida brusche del nostromo. Quindi tutto ciò voleva dire che si stava avvicinando una tempesta. Il mare ribolliva, come se si fosse impazzito. Ancora mezzora fa era difficile pronosticare questo procedere delle cose. L’acqua schiumava e ringhiava, prima montando la nave all’altezza di una casa a molti piani, facendole vedere come ad un turista, le sue proprietà sconfinate, oppure facendo calare il veliero nella profondità dell’inferno marino. Ad Afanassy sembrava anche di sentire un riso diabolico ogni alzamento e caduta della nave…
Tutte le vele, sia inclinate che diritte, erano tolte, ed erano ammucchiate sui pennoni, simili alle taccole grigie.  La nave andava già con tutte e quattro macchine a tutto andare, cercando di far rotta allo sballottamento… e braccheggiando come un bassotto ben addestrato… 
Il cuoco capiva perfettamente che essendo la parte dell’equipaggio, doveva correre insieme agli altri marinai per il ponte bagnato,  fissare gli attrezzi, eseguendo gli ordini del nostromo…  Lo capiva bene, ma non riusciva a staccare le dita intorpidite dalla falca scivolosa.  

Non per una volta la nave si trovava in una posizione, quando il mare non prendeva in considerazione la sensibilità delle sue vele, quando quattro alberi nudi, privi del loro romanticismo, opponevano da sole la resistenza all’urgano e alla pioggia salata.
Ogni volta, quando si inclinavano così, come se si vergognassero della loro nudità, come se cercassero di avvolgersi  in un’onda alta e robusta, sostituendo con quella le vele poco affidabili, vanagloriosi e traditori.
  Afanassy stava guardando dentro l’acqua salata, come se ci vedesse dentro la sua riflessione, come se sentisse attraverso il fragore delle onde e le risate furiose del mare il proprio nome,… gli sembrava addirittura che lo stesse chiamando qualcuno… “…Mi interessa perchè non ho nessuna paura? Perchè sento la gioia? Secondo me sento una vera e propria gioia… Perchè mi reggo così fortemente?.. Chi è che mi chiama?..  Qualcuno dall’equipaggio?.. Il vice comandante?.. Il nostromo?.. Io devo ………….. … Non voglio…
- Anch’io penso che non serve a niente. 
Afanassy si è voltato. Il parlante gli stava dietro. Era sempre lo stesso “OSPITE DEL CAPITANO” …  Guardava l’acqua con lo sguardo tranquillo e annoiato, come se vedesse tutti i giorni questa follia di schiuma…  
-… Guarda quant’acqua… Aumenta sempre… Perchè così tanta?... A cosa ci serve avere tutto questo mare?....
- Deve andar via…  Vada nella sua cabina, è pericoloso qua! – Afanassy ha fatto un movimento con la mano, come se volesse scacciare un interlocutore che non serviva a niente.
- Ma che differenza c’è per te, dove vado ad inghiottire acqua: tra dieci minuti sul ponte, oppure tra venti minuti nella mia cabina?..- nella voce del suo interlocutore si sentiva ironia.
Proprio in questo momento la nave è cominciata a dondolare come se fosse un giocattolo, come se una mano

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Абдоминально 
 Автор: Олька Черных
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