Произведение «Interpretatore dei sogni romanzo» (страница 6 из 16)
Тип: Произведение
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Interpretatore dei sogni romanzo

capiscono solo quelli che son assorti dall’amore. Appena va via l’amore, sparisce anche la comprensione... 
…Ho visto un sogno spaventoso, - ha pronunciato lui senza un minimo passaggio logico dal tema precedente, si è solo inchinato per bere un sorso del caffè ormai raffreddato. Non interrompevo il mio interlocutore biondo. Mi è sembrato che aveva tanta voglia di esprimersi che già da tanto non aveva questa possibilità. E’ successo qualcosa con lui, è chiaro, adesso mi racconterà tutto per filo e per segno lui stesso, basta non interromperlo. 
Lo sentivo parlare molto velocemente come se avesse paura di fare tardi, facendo solo in tempo di fare un piccolo sorso del caffè nelle piccole pause oppure accendere una sigaretta e spegnerla quasi subito dopo aver fatto due-tre boccate. I biscottini non li ha nemmeno toccati…
- In questo sogno ho visto i frammenti del mio passato, dei piccoli pezzettini delle immagini a colori.
…Come se io stessi cercando di fare un puzzle dei piccoli pezzi del mio passato, cerco di raccoglierlo e mi rendo conto di non fare in tempo di terminare la trama... Il mio orologio rallenta e si ferma. Ma io so di certo che ho ancora tempo…
A queste parole di Angiol-Andrea il caffè mi è andato di traverso. 

«…HO ANCORA TEMPO…» «…ANCORA TEMPO…». Ho già sentito queste parole, ma dove?!
«…Ho ancora tempo…»... Ho iniziato a scrutare il mio nuovo amico nel modo ancora più attento di prima. Ma lui non mi vedeva e non mi sentiva. Anche se io andassi via, il narratore non avrebbe interrotto il suo monologo.
- Ascolta, amico… a proposito, mi sono lasciato a sfuggire, dimmi il tuo nome…
- Sono Michele.
- Arcangelo Michele…- ha pronunciato piano, oppure mi è solo sembrato? Ma sul serio, comincio ad avere i problemi di udito.
- CHE hai detto, lo puoi ripetere?
- Io dico, - ascolta cosa ti racconto. Ti racconterò una cosa, nessuno lo sa. Nessuno… Ti prego soltanto di non interrompermi, non interrompermi…
- Sì, Angiol, sì… «…ho ancora tempo…», «…li riconoscerai …LI riconoscerai subito…»


   - Sai, mi occupo del restauro… delle anime... delle anime degli ogetti antichi...
Ti racconterò tutto, se lo vorrai, puoi anche ridere…
Ma guardando il mio interlocutore non avevo per niente voglia di ridere. I suoi occhi scuri e profondi erano tristi, quasi malaticci. L’ospite notturno non mi guardava, il suo sguardo vagava altrove senza fissarsi da nessuna parte.
- Ecco, sarebbe più logico dire che mi occupavo del restauro delle opere antiche… o meglio me ne occupavo in un’altra vita passata... Sono scappato da quel mondo, ho lasciato tutto ciò che mi circondava. Perchè? E’ un’altra storia e te la racconterò, forse, a suo tempo. Io correvo, pensando di trovare pace e esumazione,… ma ciò che è successo dopo, ciò che è successo dopo con me… non so che cosa è stato. Sarò impazzito?…
Istintivamente ho sobbalzato, catturava i miei pensieri, i miei recenti pensieri. Prima del nostro incontro pensavo proprio così.
«…impazzito?…» Con queste parole Angiol si è alzato dal divano assai bruscamente, quasi rasentando la gamba cromata del tavolino ed ha cominciato a girare per la stanza camminando coi piedi nudi per il tappeto senza far rumore.
Quando ha fatto in tempo di togliere i calzini? Oppure non li aveva?… Dio mio, di che cosa stavo pensando in quel momento, quando il mio amico sincero mi stava riferendo la storia della sua vita?! Io stavo pensando dei suoi calzini!!...In questo minuto non era possibile neanche immaginare che ancora ieri non sapevo niente dell’esistenza di questa persona!...
 «…ho ancora tempo…» Pensavo così, mentre i miei occhi, traditori, iniziavano piano-piano a chiudersi… Avevo tanta paura di addormentarmi! Sarà troppo anche per un paranoico! Il mio interlocutore continuava a muoversi per la stanza, e mi è sembrato in quel momento che portava delle larghe vesti bianche che si muovevano leggermente a mo’ di strascico durante i movimenti del loro possessore…
Ho sentito sulla schiena il freddo appiccicoso a me già noto, come all’epoca della mia prima infanzia, quando stavo in piedi sul cornicione e guardavo dentro la finestra di mio fratello Giaccone…
Ho socchiuso gli occhi ed ho scosso fortemente la testa, temendo che le mie dita si sarebbero aperte e di conseguenza sarei caduto dalla poltrona nel modo più sgraziato, mi sarei rotto una gamba e il mio amico avrebbe riso dal suo riso aspro e rauco e avrebbe agitato le maniche delle sue vesti bianche... 
Aprendo con prudenza gli occhi, ho scoperto che la persona che mi aveva spaventato così tanto ha sempre addosso il blue jens un po’ sciupato e un’aderente T-shirt nera. Per fortuna non ha notato il mio scompiglio! Sento che ancora un po’ i miei sogni mi cominceranno a perseguitare anche in realtà.
-…Dopo essere arrivato in questa città, dove ci siamo conosciuti, - continuava Angiol, mettendosi a comodo in poltrona e ripiegando i piedi, - ho affittato un piccolo appartamentino al terzo piano di una casa modesta ma allo stesso tempo decente e ho deciso che tutti i miei guai ormai sono passati... Se lo sapessi... Mi sono trovato un lavoro altrettanto decente nella bottega di un antiquario e cercavo possibilmente di non frequentare più nessuno. Mi sentivo troppo bene tra gli oggetti strani che avevano già vissuto una sua vita lunga... Non ridere, sono diventati i miei amici taciturni. Ti fa ridere, perchè tu sei convinto che una persona come me, abbastanza giovane e bella non può voler passare tutta la sua vita tra i paralumi polverosi e le poltrone dalle maniche fatte a mo’ della testa di leone. Così ho vissuto fino a poco tempo fa... Lavoro- casa, casa- lavoro. Il mio appartamentino come avevo già detto prima era abbastanza decente, non economico ma neanche esageratamente caro... Sono passati così sei mesi.. e poi... Cercherò di raccontartelo con qualche ordine.
Ti avevo detto di aver affittato un appartamento al terzo piano non a caso. Ogni mattina, scendendo la scala, dovrei dire assai tenebrosa e trascurata, passavo ovviamente vicino agli appartamenti situati sotto. Nella mi casa dove abito attualmente c’è un appartamento per ogni piano. – Con queste parole il narratore mi ha guardato da congiurato. - …Dunque passando vicino all’appartamento che stava giusto sotto di me al secondo piano, trovavo la sua porta sempre semiaperta... Da questa porta spesso uscivano le voci femminili e il riso. A volte si sentivano appena, a volte erano ben distinti. A volta la porta era aperta di più e così potevo vedere una parte dell’interno di questa casa strana. Ho anche avuto un’impressione che le persone che ci vivevano e che non ho mai visto mi volevano far entrare nella loro vita... Un giorno, preso dalla curiosità, ho messo la testa dentro il vano della porta... ma non ho visto nessuno anche se ho sentito più che distinte due voci femminili – una delle quali era più grave dalla “r” dissonante, un’altra invece acuta, gorgheggiante, piena di riso. Il loro appartamento era un monolocale come quello mio... C’era dentro il minimo di roba e di mobili e dopo aver dato una breve occhiata alla stanza sono rimasto stupito di non averci trovato dentro nessuno. Mi sono sentito un po’ male ed ho chiuso subito la porta, pensando che queste persone spensierate come minimo saranno derubate prima o poi. Ho sentito diverse volte le loro voci allegre, passando vicino al loro appartamento, però non ci davo più un’occhiata, socchiudevo solamente un po’ meglio la porta della casa delle donne così spensierate. Però una volta, stavo scendendo per andare a lavorare un po’ troppo presto…
 Dovevo eseguire un grande e urgente ordine e stavo già pensando alla coerenza delle mie azioni, passando come al solito vicino alla porta dell’appartamento al secondo piano.Era come al solito mezzo aperta, però al mio orecchio è arrivato molto chiaro il mio nome. Mi son fermato e ho aguzzato gli orecchi…
 Mi è sembrato o no?…La voce più grave mormorava qualcosa, quella acuta rideva… e… ho sentito di nuovo - ANGEL .L.L.L…Ho fatto le scale di corsa come un matto, mi son subito dimenticato del mio lavoro… Sicuramente il mio lavoro urgente quel giorno non è stato più toccato ed ho deciso sul serio di soddisfare la mia curiosità e chiarire che cosa alla fine vogliono da me queste ragazze allegre. Ero curioso di sapere che diavolo stava accdendo laggù?.. Ho deciso che loro sono veramente riuscite a stuzzicare la mia curiosità ma non avevo la più pallida idea di cosa sarebbe accaduto dopo... Quando di sera sono risalito al secondo piano, ho scoperto per la mia meraviglia che la benedetta porta era chiusa. Chiusa proprio per bene, di dentro, perchè ho provato anche ad aprirla e non ci sono riuscito... Ed è successo per la prima volta in tutto quel periodo che ci passavo vicino!...
Stavo ascoltando il mio amico mezzo sdraiato in poltrona. Il caffè era già finito, fuori dalla finestra gli uccelli cantavano a tutta forza. La tarda mattinata si stava trasformando in una giornata di sole, graziaddio, ma comunche assai fresca. Questo giovane era talmente appassionato del suo racconto che era difficile capire se stava raccontando le sue emozioni vere oppure stava semplicemente fantasticando. Oppure osservavo con una vera gioia la sua mimica. I movimenti dei suoi occhi languidi, delle sue labbra sottili che si muovevano in continuazione. Mentre parlava cambiava in continuazione la sua posizione: si alzava dalla poltrona, si sedeva sul bordo del divano e chiudeva gli occhi. Come se cercasse di rammentare gli avvenimenti di ieri, oppure i loro dettagli, o se no cercava di non dire di più… C’era qualcosa che non poteva dirmi,… o meglio lui credeva che non doveva dirmi…

… A questo punto mi è venuta in mente un’idea, - ha continuato il narratore, - occupandomi della resurrezione degli oggetti morti avevo un set di utensili particolari: seghette da traforo, cacciaviti di varie sezioni, diversi aghi e punteruoli. Ho deciso di utilizzare uno di questi oggetti non per perscrizione... – raccontava Angiol, buttatosi sul letto e guardando il soffitto – mi sono stupito io stesso della facilità con cui ho realizzato questo lavoro. Che cosa volevo vederci? Posso dire con esattezza una cosa sola – non quello che ho visto laggiù… Anche se ha prima vista non ho notato niente di particolare… Sarà stato l’ambiente stesso. L’arredamento non sembrava abitabile, anzi era fin troppo messo in ordine, se si può dire così… sì… ho detto bene – era simile al museo. Gli oggetti occupavano i loro posti, trovati non a caso. Alcuni oggetti si dimostravano da soli non si sa a chi, esposti sui vari podi nel modo troppo vistoso… I mobile normali, da vivere, erano troppo pochi per la vita di una persona normale. Ma d’altronde cosa vuol dire una persona normale?
Il suo discorso era talmente monotono che ad un certo punto mi son reso conto che non riuscivo più a percepire le ultime frasi. Stavo vicino alla finestra e godendo l’assenza della luna, delle voci sarcastici giusto dentro la mia mente e degli incubi notturni osservavo che cosa stava acadendo nel mondo esterno.
Stavo seguendo con il mio sguardo senza una particolare intenzione come sul balcone vicino un gatto troppo grasso dalla pelle che brillava al sole cercava di acchiappare un uccello, disposto vicino a lui, sul guardavia e lo stava guardando con piena indifferenza...
Se potesse, avrebbe sicuramente sbadigliato. Senza avere invece questa possibilità muoveva la testa ed apriva le ali, dimostrando la loro potenza all’animale paffuto. L’apertura alare era veramente spaventosa, ha impressionato pure me. Però un essere che sapeva volare agitava le ali solo per se stesso e con tutto il suo aspetto gonfiato faceva vedere che era assolutamente indifferente a tutto. E al gatto?... Che cosa voleva il gatto, curato e stufo, castrato di cui collottola era stanca dalle carezze. Lo attraeva di più l’irragiungibilità dell’uccello?
 Che cosa ne avrebbe fatto, se l’avesse acchiappato? Perchè mai certe persone vogliono stare insieme, senza capire il perchè?... Perchè sono qui con questo giovane?! Perchè siamo convinti di avere bisogno l’uno dell’altro? Chi ce l’ha detto?! D’altronde non ne abbiamo neanche chiesto nessuno...
Siamo attratti l’un dell’altro – il gatto sazio e l’uccello! Sarà solo l’istinto?… Sì, l’ho quasi preso, sta con me, è una parvenza dell’ ANGELO… Oppure un ANGELO sul serio… come si fa a saperlo… come …semplicemente un uccello - oppure un ANGELO? Per un attimo mi è sembrato che anche un essere pennuto sul guardavia mi stesse osservando. Mi è sembrato che avesse girato la testa dalla mia parte, avesse aperto il becco... Ho anche sentito dei suoni indistinti… I suoi occhi, rivolti a me, si sono avvicinati e uno, brillante e sporgente, mi ha anche ammiccato … La mia mente avrà raggiunto la possibilità di poter comunicare con gli animali senza intermediari? Questo uccello mi voleva comunicare qualcosa sul serio? Che cosa avrebbe potuto significare? Ho socchiuso gli occhi e li ho riaperti di nuovo cercando di ritrovare le perline nere dei suoi occhi brillanti puntati giusto nella mia coscienza. Ma l’uccello che mi aveva stupito così tanto era preso della pulizia delle sue penne. Ho acchiappato il pensiero che volevo rivolgermi a quest’uccello,e poi graziadio, ho ripreso i miei sensi dopo le mie riflessioni sui totem, rendendomi perfettamente il conto di non sentire più quella persona di cui stavo pensando… Ho rimesso sulla faccia un’espressione attenta, mi sono rivolto lentamente, cercando di cogliere il senso delle ultime frasi del narratore… non ha notato la mia assenza. Messe le mani dietro alla nuca e continuando a guardare nel soffitto, ha proseguito con la sua storia… Guardandolo fisso ho improvvisamente sentito com’era agitato e come era importante per lui ciò che stava dicendo, ciò che voleva farmi capire a tutti i costi... Ho notato una goccia di sudore che stava scolando per la sua fronte pallida…
-…dopo aver aggirato con cautela tutta la stanza e non aver trovato nessuno, stavo già per ritirarmi,quando, di nuovo… ho sentito pronunciare il mio nome e il riso piano. Era già troppo… Sarà un’allucinazione?…- Ho pensato io ad improvviso. Ma non mi drogavo…- Ha fatto una pausa. -…Non mi drogavo già da un bel po’.… Ma tutto ciò era simile a… come se percepissi la realtà non nel modo adeguato. Ho addirittura pensato di aver inalato troppa vernice nel mio laboratorio… Proprio in questo momento ho visto nel modo più che chiaro, alla mia sinistra, in angolo, una scala fatta di faggio chiaro che portava sopra…?! Dove potevano portare questi gradini?…Era una cosa impossibile… ma siccome ho sentito le voci e il riso che arrivavano di sopra, ho cominciato a salire, facendo dei passi cauti sui gradini di legno e non sentendo il minimo suono dei miei passi… Non percepivo nè scricchiolio del legno nè il rumore dei miei tacchi. Sarò stato troppo agitato, ma il mio orecchio professionale avrebbe dovuto comunque percepire il suono caratteristico del legno che poteva raccontare molte cose sull’età e lo stato di conservazione del manufatto. Quasi puntellandomi con la testa nel soffitto, sono riuscito ad esaminare un altro locale, pieno di luce, anche se dentro non c’erano delle finestre. In mezzo di questo spazio stava un letto, molto largo e con la schiena molto alta con la coperta che scendeva fino al pavimento… Questo letto era molto simile a quello mio… Anzi, era proprio uguale… Stranamente questo fatto mi ha colpito nel modo particolare. Non sono indifferente su che cosa dormo e scegliendo dei mobili per la mia abitazione, ho messo un bel po’ di tempo per trovare un letto che mi andrebbe bene...” – A questo punto il mio ospite ha guardato nel brutto modo il mio lettino di una piazza e mezzo, poi mi ha gettato uno sguardo veloce e fermatosi per un po’esitando ha continuato il suo racconto, lasciando questo tema secondo lui assolutamente incomprensibile per me.
Sul letto stavano sedute due giovani donne. Una era bruna, dai capelli corti. E’ stata lei a parlare con la voce bassa e rauca. Un’altra era bionda dai capelli lunghi color lino che scendevano sulla sua schiena come un mantello... Facevano finta di non vedermi ma sentivo perfettamente che parlavano di me. Ero presente già da un buon minuto, quando la bruna si è voltata dalla mia parte dimostrando sul viso felice e rotondo una meraviglia gioiosa. Era un po’ cicciottella. Si vedeva subito anche se era seduta con le gambe ripiegate.La grassottella ha fatto un bel sorriso e dicendo qualcosa indecifrabile alla sua amica mi ha puntato le sue dita paffute messe insieme. Non riuscivo a vedere il viso della bionda, però sentivo come era bella anche seduta mezza girata e non riuscivo a vedere il suo viso... La curva della sua schiena era dolce e graziosa, i capelli biondi la ripetevano, luccicanti di non si sa che luce...
Angiol ha gettato un’occhiata dalla mia parte. I suoi occhi umidi brillavano. Sicuramente non mi vedeva. Mi vuole raccontare la storia della sua passione verso questa donna anomala?! Di questa donna … che cosa può avere di angelico?… è simile alla gatta, non all’uccello. Ho socchiuso gli occhi, sentendo la stanchezza di questa notte pazza, di questa giornata noiosa, ho socchiuso gli occhi… ed ho sentito nel modo chiaro la voce indimenticabile: «…NIENTE ASPETTO FEMMINILE, … TUTTI MASCHI… NON HO MAI INCONTRATO UN ANGELO DALL’ASPETTO FEMMINILE…»
-… LA BIONDA HA RISO SENZA RIVOLGERMI DALLA MIA PARTE. Era lo stesso suono, acuto e gorgheggiante. La cicciottella l’ha chiamato per nome ed ha chiesto: «E’ lui?»…
- E come si chiamavano queste arpie, lo ricordi?
Non so come si chiamava una delle due… non l’ho mai saputo, siccome non chiedevo i loro nomi. Non mi interessavano i loro nomi profani, ma la paffuta chiamava la sua amica con il nome di Gianna… ha chiesto: «E’ lui, Gianna?»…
Ho riaperto di nuovo gli occhi che mi si stavano già chiudendo ed ho scosso la testa nel modo tale che mi sono addirittura scricchiolate le vertebre cervicali… Cercando di trovare le parole giuste, sono riuscito a sillabare a voce bassissima:
-Come si chiamava?…
-La bella bionda si chiamava Gianna… Sembrava tutta fatta di luce. Aveva addosso un vestito bianco tutto argentato che scintillava, era largo e lungo, copriva le gambe che aveva comunque ripiegato. Stavo studiando l’arredamento come un agente, nonostante il mio timore e

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Абдоминально 
 Автор: Олька Черных
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